Come si ricomincia a vivere dopo la fine di un amore? Come si prepara il caffè, come ci si guarda allo specchio, come si aprono e richiudono gli armadi, come ci si veste per andare al lavoro? Tutto è precipitato perché ti sei innamorato di un’altra donna: sei tu che hai convocato il disastro. Ora sei solo nella casa semivuota e non smetti di pensare a tutto ciò che è stato. Vuoi cercare tra i crolli quello che ancora splende. Non vuoi dimenticare niente. Vai al tavolo e scrivi, uno dopo l’altro, i dieci passi dell’addio. «Ci siamo solo io, lei, il dolore e l’amore. Questo dovevo dirle: ci lasciamo, non ci lasceremo mai. Non verrai più a casa, ci sarà sempre la tua stanza. Amerò un’altra donna, continuerò ad amarti. Farò dei figli, saranno anche tuoi. Non siamo più niente, siamo una cosa sola». Quando finisce una storia d’amore? Il giorno in cui si va davanti a un giudice? Il giorno in cui un tradimento viene scoperto o confessato? Ma può davvero finire la storia di due persone che sono entrate l’una dentro l’altra, si sono esplorate con grazia, si sono prese cura dei sogni e delle paure che ciascuno di noi alleva dentro di sé? E quanto ci si può sentire sperduti, quando ci si separa dalla persona con cui si è diviso tutto? Come si può vivere senza sapere più nulla di lei? Dove si trova, come mette i piedi uno davanti all’altro, dove va, da quanta vita è pervasa, da quanto futuro è scossa? Quando c’era l’amore, anche ripiegare i vestiti era un’azione radiosa. Piegavi, riponevi nel cassetto, facevi ordine nel mondo e quell’ordine fuoriusciva dal cassetto e si adagiava su di te. Non avresti mai potuto ammalarti, e se anche fosse avvenuto, pensavi, l’amore ti avrebbe guarito. Adesso è tutto diverso. Adesso devi trovare una via e iniziare col primo passo. La casa è diventata un bivacco. Sei solo, circondato da scatoloni, sull’orlo del precipizio. Per non precipitare ti dai un compito: cambiare nome alle stanze, fare la pace con gli oggetti rimasti, scrivere i cataloghi delle gioie e dei dolori, bruciarli. Abbozzare dieci piccoli passi verso la salvezza. Nelle sue vesti di viandante e guida, nonché di autore e poeta della «viandanza», Nacci trasforma l’addio in un sentiero, dove i passi si possono contare e mettere in fila. E porta con sé lungo il cammino tutti noi, che come lui abbiamo amato e siamo stati amati. Se il secondo passo è fare pace con quello che resta, il terzo è non dimenticare. E al decimo passo, forse, sapremo fermarci nel luogo che abbiamo davanti agli occhi.
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