Come non esistono uomini senza memoria, così non ci sono società senza rovine. Questo libro si propone di chiarire il rapporto indissolubile che le diverse culture hanno intrattenuto con le rovine, nell’intreccio fra il desiderio di lasciare tracce grandiose, il culto del passato e la trasmissione della memoria. Passando da una civiltà all’altra – dagli Egizi ai Cinesi, dai Greci ai Romani, dal Rinascimento all’Illuminismo – Alain Schnapp si affida tanto alle fonti archeologiche quanto alla letteratura. Splendidamente illustrata, questa "Storia universale delle rovine" è l’opera di una vita. «Il lettore potrà avventurarsi in questo libro sapiente e magnifico assecondando le proprie curiosità, i ricordi o il desiderio di conoscenza, come se visitasse un sito archeologico o una pinacoteca... Invitato a confrontarsi con la paradossale presenza di ciò che è scomparso» (Roger Chartier, «Le Monde»). L'antico Egitto affidò la memoria dei suoi sovrani a giganteschi monumenti e imponenti iscrizioni. Altre società preferirono stringere un patto con il tempo, come i popoli della Mesopotamia che, consapevoli della vulnerabilità dei loro palazzi di mattoni di fango, seppellivano nelle fondamenta le iscrizioni commemorative. I Cinesi dell'antichità e del Medioevo impressero la memoria dei re e dei personaggi illustri in iscrizioni su pietra e bronzo, le cui matrici erano custodite da scrupolosi antiquari. Altri ancora, come i Giapponesi del santuario di Ise, distruggevano per poi ricostruirle identiche, in un ciclo infinito, le loro architetture di legno e paglia. Altrove, in Scandinavia e nel mondo celtico, come in quello arabo-musulmano, sono i poeti o i bardi i responsabili del mantenimento della memoria. Greci e Romani consideravano le rovine un male necessario che bisognava imparare a interpretare per comprenderle. Il mondo medievale occidentale affronterà l'antico patrimonio con un'ammirazione venata di repulsione. Il Rinascimento intraprese invece un ritorno all'antichità diverso, considerandola un modello da imitare ma anche da superare. Infine, l'Illuminismo costruì una coscienza universale delle rovine che si è imposta come «culto moderno dei monumenti»: un dialogo con le vestigia del passato che vuole essere universale e che questo libro testimonia con straordinaria dovizia.
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