Dopo la ricognizione sull'eros greco, Eva Cantarella, parla dell'amore al tempo dei romani. Per un romano la virilitŕ era la massima virtů; e i romani venivano educati ad assoggettare e a essere dominatori, nella politica come nell'amore e nel sesso. E infatti da una violenza, quella di Marte ai danni di Rea Silvia, nasce Romolo, il fondatore della cittŕ. L'altra faccia della sessualitŕ romana č l'etica del vanto, il gloriarsi della propria virilitŕ anche negli aspetti piů concreti e materiali. Ecco allora i "Carmina Priapea", gioiosa celebrazione di Priapo, il dio del fallo, coi suoi spropositati attributi; ecco graffiti e iscrizioni di palestre, taverne, muri la cui gioiosa crudezza sconfina spesso nell'oscenitŕ, ecco leggende popolate da membri maschili che spuntano dal focolare per fecondare innocenti fanciulle. Ed ecco dotti ma spassosi intermezzi, dove l'autrice guida il lettore attraverso le pratiche osculatorie (i tre modi di nominare il bacio, osculum, savium e basium), le tariffe, le specializzazioni e l'abbigliamento delle prostitute, i riti matrimoniali e di feconditŕ. E le donne? Ci sono quelle che si adeguano (Porzia, che si suicida inghiottendo carboni ardenti), le donne modello di virtů (Lucrezia) e le ribelli (Sulpicia), contro cui si accaniscono le leggi moralizzatrici. E poi i "veri" uomini, Augusto e Cesare, i poeti orazio e Marziale, e ovviamente, Catullo, che chiede con pari trasporto i baci della bella Lesbia e del tenero Giuvenzio.
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