Esiste un’arte pubblica contemporanea? Una democrazia può ancora utilizzare l’arte per rappresentare i propri valori? E di quali valori si parla oggi in Italia, in Europa, in Occidente? È possibile immaginare un’arte pubblica fondata su valori universali? Con questi interrogativi si è confrontato Anselm Kiefer nell’ideare la sua installazione per Palazzo Ducale, chiamato dalla Fondazione dei Musei Civici a partecipare all’anniversario dei 1600 anni dalla nascita della città lagunare. Un ciclo di opere che aprono un confronto serrato con i teleri della Sala dello Scrutinio dipinti dopo l’incendio del 1577 dai maestri del tempo quali Tintoretto, Andrea Vicentino, Palma il Giovane. Kiefer è uno dei massimi artisti viventi ed è noto per la sua ricerca visiva che attinge alla letteratura, alla filosofia e alla storia, in una riflessione sempre tesa alla dimensione esistenziale. In particolare, nel caso delle opere per Palazzo Ducale, l’artista si ispira al pensiero di Andrea Emo, filosofo nato a inizio Novecento da una famiglia veneziana di nobili origini, che, come lui, affermava l’impossibilità di definire l’arte se non come un’infinita oscillazione tra perdita e rinascita. I testi di Janne Sirén, Gabriella Belli, Hans Ulrich Obrist, Salvatore Settis, Massimo Donà, Jean de Loisy, Elisabetta Barisoni compongono un affresco di riflessioni che interpretano il lavoro di Kiefer per Palazzo Ducale, uno straordinario contributo alle arti visive del XXI secolo.
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