Elliott Erwitt, uno dei più grandi e amati fotografi del panorama internazionale, sembra condensare nella sua biografia uno spaccato di storia del ‘900: nato a Parigi nel 1928, figlio di ebrei russi, cresce a Milano fino ai dieci anni, quando è costretto a lasciare l’Italia a causa delle leggi razziali, trasferendosi con la famiglia in California, dove trascorre l’adolescenza a Hollywood. Il cinema sarà un grande amore, in parallelo alla fotografia: armato della Rolleiflex, viaggia in Europa agli inizi degli anni ’50 scattando i primi reportage, con i quali attira l’attenzione di Robert Capa che, nel 1953, lo farà entrare alla Magnum, dando avvio a una carriera memorabile di reporter, collaboratore abituale delle maggiori riviste del tempo, come la leggendaria "Life", e autore di innumerevoli libri e mostre in tutto il mondo. L’esposizione ospitata dal nuovo spazio consacrato alla fotografia del Mudec è dedicata alla famiglia: lo sguardo acuto e brillante di Erwitt, colmo di un’ironia per lo più affettuosa e umanissima, squaderna davanti ai nostri occhi uno scoppiettante e ricchissimo catalogo fatto di situazioni, persone e animali (tra i quali prevalgono i famosissimi cani) che mostrano la multiforme varietà di cosa sia oggi famiglia, al di là di vecchi steccati e barriere ideologiche. "Il punto fondamentale è scattare la foto in modo che poi non ci sia bisogno di spiegarla con le parole." Questa battuta illustra una delle doti fondamentali delle foto di Erwitt: bastano a sé stesse e parlano un linguaggio di muta eloquenza che non lascia mai indifferenti.
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