La storia dello sport – e più in generale del mondo – è piena di "fratelli coltelli" che si odiano. Loro no. Gli Inzaghi sono sempre stati rivali sul campo senza esserlo nella vita. Da calciatori, opposti come lo Zenit e il Nadir, il giorno e la notte, uguali solo nel ruolo e nel modo di giocare. Pippo vinceva, Simone si infortunava. A uno le copertine dei giornali, all'altro le sedute fisioterapiche. Da allenatori, però, le cose sono cambiate, ribaltando i ruoli. Cosa rende speciali, allora, i fratelli Inzaghi, Simone e Pippo, calciatori e allenatori cresciuti in una famiglia comune, in un paesino come tanti, in un campetto di cemento dove si faceva a gara ad arrivare prima e piazzare gli zaini a mo' di pali? Amore e destino, le chiavi di volta per aprire il loro mondo, perché dietro i tanti gol segnati, i trofei vinti e i successi da allenatori, c'è la storia di due ragazzi che si sono sempre supportati a vicenda, senza indivia o occhiate storte. Due fratelli nel pallone.
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